di Michele Creazzola
Col suo cinque e quarantotto per cento di share, pur non essendo un risultato da record, Gazebo dimostra che la satira in tv, se non guadagna punti, mantiene inalterato il suo ruolo ben diverso da quello dei talk show che sono scesi nel gradimento dei telespettatori italiani.
Parlare di politica in un programma che non sia il solito talk? Si può, anzi si deve! I nostri politici affollano i salotti di tutte le reti televisive più che le aule del parlamento. Davvero agli italiani interessa ascoltare le loro dichiarazioni tutti i giorni e a tutte le ore? No.Il calo fisiologico degli ascolti dei talk, di cui si parla ormai da qualche anno, lo ha ampiamente dimostrato.Il debutto di “ Ballarò” con poco più di un milione di spettatori, in concorrenza con “Di martedi”, che ha contato per la prima puntata circa ottocentomila spettatori non fa ben sperare per un ritorno dell’auditel ai fasti di quando la media di una trasmissione politica superava ampiamente i cinque milioni toccando punte di share anche del quindici per cento.
Tuttavia nessun cambiamento dei timonieri rispetto allo scorso anno: Massimo Giannini e Giovanni Floris si danno battaglia il martedì sera mentre Corrado Formigli, con il suo “Piazza pulita”, sostituisce Santoro nella concorrenza all’ultimo nanoshare contro il “Virus” di Nicola Porro. I risultati sono pressoché gli stessi, a fare la differenza è la serata del mercoledì in cui “La gabbia” di Gianluigi Paragone perde clamorosamente contro “Chi l’ha visto” e la restante offerta dei palinsesti. Senza stare a dare troppi numeri, la misura della stanchezza dei politici in tv ce la da il risultato della prima puntata di “Gazebo” andata in onda la scorsa domenica su Raitre che eguaglia pressoché gli ascolti ottenuti dai dibattiti sulle reti generaliste. Satira? Non solo, politica e tematiche sociali affrontate con la salvifica ironia che aiuta a capire le questioni che ci riguardano senza annoiarci o farci saltellare da un canale all’altro cercando qualcosa che non ci faccia vedere le solite liti, molto spesso spettacolarizzate, dei politici che si azzuffano come gallinelle in un pollaio o le loro promesse. A Gazebo nessuna promessa né fittizie soluzioni. La comicità intervallata da musica dalla buona musica del maestro Roberto Angelini e non solo, la presenza fissa del vicedirettore de “L’espresso”, Marco Damilano, fanno da apripista al documentario che occupa la centralità della trasmissione mostrando al pubblico il resoconto, piuttosto fedele, di uno spaccato di realtà. Con i tweet e i commenti su face book dei politici il conduttore Diego Bianchi, in arte Zoro, da il via alla trattazione degli avvenimenti principali che toccano la nostra attualità. Nella prima puntata è andato in onda un reportage del viaggio dei profughi verso il confine ungherese. I temi sui quali la politica dovrebbe interrogarsi e prendere provvedimenti sono il perno del progetto. Fare il verso alle abitudini dei nostri governanti è il punto di differenza che c’è tra i programmi satirici e quelli convenzionali. Mettere a nudo le abitudini dei nostri governanti e portare in farsa le loro contraddizioni è, per molti versi, la finalità di queste trasmissioni, la politica è specchio della società e viceversa. Il connubio ci include inevitabilmente e allora la comicità ci può servire da spunto di riflessione per chi avrà il piacere di seguire Gazebo” la domenica e il giovedì in seconda serata. Un mix di comicità, satira e attualità per parlare di politica? Ottimo cocktail televisivo, con tutto il rispetto dei talk, ovviamente.